Ritornando alla narrazione delle vicende, la prima vettura interamente prodotta ad Arese è la bellissima G.T. della Giulia.

Nel '62 a Bardocci subentra Luraghi, richiamato dall'IRI per occuparsi a tempo pieno della "sua creatura", che ha una "crescita disturbata", mentre Mangano lascerà poco dopo, a di Nola - amministratore delegato - e a Bardini direttore generale.

Luraghi tiene in pugno con grande autorità e brillante carisma sia il difficile sviluppo dell'azienda, sia i rapporti con la finanziaria, con l'istituto, e con i politici, che tentano già di attuare la nefasta invadenza, che sarà loro permessa dalla fine degli anni '60 alla morte dell'Alfa.

Certamente manifesto (lo  scrive anche a chiare lettere  come giornalista ) e per niente infondato il suo disappunto riguardo allo stato conflittuale in cui vive Arese. Egli è un uomo che, fra le tantissime virtù, conta anche una concreta sensibilità sociale e un infinito rispetto per i sacrifici dei lavoratori e per i giusti diritti, e si mette in giro per l'Europa per vedere se si è sbagliato qualcosa nel nuovo stabilimento, peraltro ancora non completo, rispetto ad altri paragonabili insediamenti esteri. Torna incredulo e sconsolato. Scrive infatti, in tutta coscienza, di aver visto - in paesi di tradizioni democratiche e sindacali più antiche e accentuate delle nostre - stabilimenti automobilistici addirittura fatiscenti, in cui si lavora con ordine e passione, pur senza rinunciare al sostegno dei propri diritti.

E' chiaro che nello stabilimento dell'Alfa non si coltivano obiettivi di sviluppo, ma disegni di altro genere.

Lo dimostreranno, nel tempo, l'acuirsi del conflitto; le violenze di un modello di sindacalismo diventato prepotente e prevaricatore; la presenza provocatrice di un"'autonomia", sulle prime addirittura difesa nei "compagni che sbagliano"- e qualche volta cavalcata - sia dal sindacato, sia dai partiti interni della sinistra; la pretesa di contrattare su tematiche esterne alla materia strettamente sindacale e, comunque, di rovesciare sul tavolo"contrattuale", senza un minimo dì sintesi sindacale, tutte le richieste ..... la prepotente azione sugli uffici del lavoro di ..........

Andando verso la fine degli anni '60, si verificano eventi crucialì che cambiano radicalmente gli assetti delle aziende, soprattutto dell'Alfa.

Per prima cosa va osservato, che pur in un clima che nulla promette di buono, il rinnovo contrattuale del '66 è di profilo così basso da far maturare una tale tensione operaia, pronta ad a esplodere, anche in presenza di cambiamenti culturali epocali, in un conflitto immane in nessun verso governabile al successivo appuntamento.

L'Alfa Romeo, come le altre aziende, non fa nulla o fa poco ( non formazione, non studio e misure contro le anomalie conflittuali ) se non iniziative a livello personale e poco sistematiche, confidando - come raccomanda l'azionista pubblico, che molto ha già concesso rispetto alle compatibilità, in un ... trattamento di favore -, nell' esaurimento spontaneo della pressione. Invece proprio il sistema delle P.S. sarà il bersaglio preferito e inerte di tutta l'aggressività sindacale e non ..... la "pace sociale" , che i governi dell'epoca vogliono a tutti i costi proteggere, si tramuta in guerra al sistema delle P.S.., paradossalmente finanziata dallo stesso I ).

Monta la marea culturale contro l'impresa, e .............. fra sigarette pregiate e discorsi in salotti bene... si arriva  al celebre autunno caldo, che al solo sistema delle P.S., a parte ogni abuso dei rapporti di forza da parte operaia, sempre legittimato dal sindacato, procura danni immediati ingenti (12 milioni dì ore di sciopero ) e introduce una logica disgregatrice della gestione di tutti i conflitti e, quindi, di ogni ordine produttivo, che di fatto durerà fino alla fine dell'azienda.

Vanno a farsi benedire programmazione della produzione, qualità, organizzazione, responsabilità gerarchiche, etc.

Tutta  la  struttura  gerarchica  dell'azienda viene pesantemente delegittimata anche con le minacce e le intimidazioni, tanto che, in non pochi casi, per raggranellare un po' di produzione e una decente qualità, a volte deve scendere a compromessi e collusioni con i delegati sindacali, che fanno a piacimento il bello e il brutto, senza che gli organi esterni intervengano a moderarli, anzi li lodano e li spronano.

E inoltre, restando sempre sugli esempi, si deve contrattare più volte in periodi brevissimi la stessa materia sulla quale si sono siglati accordi, fino a che l'azienda non accoglie integralmente le sconsiderate iugulatorie pretese del sindacato; e ciò avviene sotto lo stimolo dì parti politiche autorevoli (un esempio viene dal Ministro del Lavoro .............., che bastona esplicitamente i dirigenti delle aziende a P.S., dichiarandoli culturalmente arretrati solo perché cercano di evitare che certe imposizioni portino le aziende alla fine ! ) cui poco o nulla importa I'ordine dei conti e l'efficienza aziendale.

D'altra parte, come potrebbe essere altrimenti se i leaders della "triplice" fanno proclami di questo genere alle masse assetate di distruzione e di potere:.......................... Poveri lavoratori, come pagheranno duramente la loro ingenua fedeltà a tale verbo, le cui conseguenze si ritorceranno solo contro di loro! (è sempre opportuno leggere le sofferenze di oggi alla luce degli errori di ieri : per troppo tempo si sono seminati vento e tempeste!!!).

Ritornando allo sviluppo della vita dell'Alfa, che ormai, al nord è targata Arese, va detto subito che la grande mente di Luraghi coglie un'altra importante opportunità che si delinea, sia nel mercato, sia nelle scelte dei governanti dell'epoca. E' il progetto Alfa Sud, composto dalla costruzione di uno stabilimento a Pomigliano - nell'ex grande area che Gobbato aveva destinato alla grande fabbrica avio - e di una vettura mediolpiccola (al nord, negli anni passati ciò gli è stato precluso da un veto FIAT e sono conservate tracce concrete di tale progetto in un prototipo ancora esistente nel museo di Arese).

Aspre le battaglie e le contese mediatiche, con la FIAT che tenta di opporsi mobilitando tutti i mezzi di informazione e, perfino, offrendo possibilità di Joint venture, e con le forze politiche di sinistra e il sindacato, che premono - e vincono - per portare occupazione al sud.

Il grande e complesso progetto, affidato a Hruska, si sviluppa nell'ambito di soli quattro anni circa: partito nel '68, nel '72 esce la prima Alfa Sud.

Purtroppo è una fabbrica che nasce viziata da alcune tare. Le principali sono:

La connotazione di soggetto giuridico autonomo, anche se il capitale investito è Alfa FINMECCANICA. E' una soddisfazione molto costosa che la politica e la demagogia imperante pagano ai meridionali, che, oltre al lavoro vogliono.... non essere colonizzati dal Nord"  

Una rete anomala di potere locale, politico e non, che approfitta della necessità che i tempi siano bruciati, imponendo ricatti di ogni genere, compresa l'assunzione di migliaia di operai manovali addetti alla costruzione delle opere murarie, per i compiti di operai metalmeccanici costruttori di auto (!).

Una esagerata indipendenza tecnica dalla casa madre ( solito complesso della colonizzazione ), che, ad esempio, farà cadere nell'errore gravissimo di adottare un metodo di verniciatura improprio, il quale, a sua volta, con le celebri conseguenze della ruggine che, dopo poco tempo corroderà le carrozzerie, farà perdere buona parte del mercato del Nord Europa.

La creazione di doppioni organizzativi e tecnici:

L'assoluta assenza di sinergie nell'adozione dei componenti, che farà perdere notevoli opportunità di economie di scala.

Una situazione sociale, che si manifesterà sotto forme di assenteismo elevatissimo e di conflittualità e astensionismo, veramente anomali.

L'onere di Arese, tuttora incompleto e quello di Pomigliano si sommano sulle spalle dell'azienda, che cerca di vivere questo sviluppo con i suoi possibili reinvestimenti e con i debiti finanziari a lungo termine, mentre, da parte sindacale, non si concede alcuna moratoria, anzi si aggredisce in modo sempre più ossessivo.

L' inizio degli anni 70 e caratterizzato da molti eventi cruciali per l'Alfa Romeo.

Innanzi tutto viene promulgata la Legge 300/'70 - Statuto dei Lavoratori. In astratto à una Legge civilissima e necessaria; il momento è forse sbagliato per alcune immediate conseguenze.

Sale l'assenteismo per malattia in modo spropositato ( da una media ragionevole e realistica del 7-8%, si passa in breve a medie che raggiungono il 20%, con punte anche di molto superiori; non si può più parlare di rendimenti, di mobilita e di efficienza; il Consiglio di Fabbrica, con la sua pletora di delegati, diviene l'organismo forte ed esclusivo della  rappresentanza  dei  lavoratori,  anche  nella  difesa  delle intemperanze di ogni genere che si intensificano contro l'azione gestionale dell'azienda; sono riconosciuti altri diritti sindacali all'interno delle fabbriche, sotto la cui copertura vengono subito consumati abusi e prepotenze; viene introdotta la tutela ( giusta ) contro l'azione antisindacale, ma anche di questa si abusa, alla luce di un orientamento della Magistratura Milanese del Lavoro, che decide le contese giudiziarie più in base a motivazioni extragiuridiche che in applicazione delle norme vigenti; tutto congiura ad alimentare e a rinforzare la cultura antimprenditoriale già presente nel Paese.

E' un grande passo in più verso il baratro.

A livello lntersind, ove la politica di integrazione del conflitto su una base di  trasparente confronto con il Sindacato è sempre più impossibile per l'inaffidabilità della controparte, Giuseppe Glisenti, grande presidente dell'Associazione e Direttore dei Problemi del Lavoro dell'IRI ed ex sindacalista di quella CISL, che ormai si distingue nell'opera di disgregazione del sistema, constatata la gravissima situazione (parlerà pubblicamente di "sfida che spacca le aziende " entra in polemica con Donat Cattin e, sdegnato, si dimette, passando al privato)

Dentro l'Alfa, a parte l'uscita dell'Alfasud, è imminente il lancio dell'Alfetta ( grande vettura che mai tradirà il nome che le è stato imposto ), ma, alle disgrazie sociali si aggiungono in breve due colpi, che interrompono ogni illusione di crescita e concorrono a dare un elevato contributo alle prospettive di una Ienta,ma inesorabile agonia. La morte di Satta, e la negativa decisione dell'azienda - specialmente se si tiene conto che la crisi petrolifera esigerebbe una guida tecnica capace di riscrivere e d attuare una decisa conversione - di sostituirlo, ricorrendo ad una soluzione che crea uno stallo di più di un anno e quindi ritardi irrecuperabili.

L'estromissione di Luraghi, che si consuma ad opera di politici incapaci, incoscienti e preoccupati solo dei propri interessi elettorali (la politica, dalla fine degli anni '60 ha sfondato le difese delle Partecipazioni Statali e i vari partiti, vi scorazzano senza ritegno). Come avviene?

Arese è incompleto rispetto al progetto, visto, rivisto e più vite approvato dai competenti organi politici e societari (in modo particolare MlNISTERO delle P.S., IRI e FINMECCANICA). L' Alfetta è all'avvio.

A questo punto l'oscuro personaggio politico che ricopre la carica di Ministro delle P.S. ( Gullotti ) in ossequio agli ordini di un politico influente del suo partito( De Mita ) dispone che si deve effettuare un decentramento delle produzioni del Nord al Sud, zona Avellino (!). In particolare impone l'installazione di una linea di montaggio dell'Alfetta per 70.000 vetture/anno. Motivazione: non si può ulteriormente congestionare il nord con richiami di manodopera dal sud; bisogna che sia il lavoro ad emigrare ( questi sordidi manutengoli dei propri e di altri connessi interessi, dimenticano che Milano è una città in cui i meridionali sono già sul posto e ben desiderosi di sistemarsi all'Alfa, così come dimenticano la reale congestione di Torino, città nella quale i poveri immigrati, così come fanno i turni in FIAT, fanno i turni sui lettini delle modeste pensioncine)

Luraghi ( esistono al riguardo documentazioni inoppugnabili di tutto questo ) non perde né la calma, né lo spirito di indipendenza manageriale che lo caratterizzano e, preso come sempre a cuore l'oggetto del problema ( l'occupazione al sud ) studia gli aspetti economici e tecnici di quanto viene richiesto e, poi, presenta una soluzione alternativa di equivalente peso occupazionale ( c.a 516.000 unità ), costituita dall'installazione di una fonderia di alluminio, di una fabbrica di ruote, di un rinforzo dell'organizzazione di vendita e di postvendita.

Gullotti e il suo ispiratore sono irremovibili, mentre FINMECCANICA e IRI consigliano Luraghi a promettere, in attesa di tempi favorevoli  

Luraghi non è uomo di compromessi sporchi, di menzogne, di slealtà rispetto al proprio dovere e ritiene suo obbligo morale e professionale non piegarsi.

Viene estromesso.

L'Alfa Romeo imbocca così il tunnel che la porterà inesorabilmente alla vendita . A chi ? Forse qualcuno lo sa già!

E questa non e un ennesima crisi di cui si conoscono anche gli autori? La sostituzione di Luraghi, che all'Alfa lascia anche tesori di iniziative di alto livello culturale, intraprese a favore dei lavoratori senza alcun intento paternalistico o manipolatorio ( teatro, musica, turismo, biblioteca, etc. gtc. ) suscita a livello politico una sorda rissa, che -anch'essa - si ritorce a danno dell'Alfa Romeo, facendo perdere un anno molto cruciale.

La rissa si conclude con una scelta di bassissimo profilo, in quanto il nuovo presidente deve essere solamente di transizione.

Arriva Ermanno Guani.

Un anziano gentiluomo spaesato e - senza colpe - assente alle problematiche dell'auto e dell'Alfa in particolare. Alla fine della sua dura esperienza, dirà a qualcuno di aver sofferto le pene dell'inferno, in giro per l'Europa a mendicare prestiti.

Gli sono affiancati - come elementi di continuità, ma senza i poteri reali che avevano con Luraghi - di Nola, come vice presidente e amministratore delegato dell'ALFA Sud, il tecnico lng. Bardini, come uno dei due amministratori delegati del Nord, e il Dr. Vincenzo Moro, quest'ultimo prevalentemente applicato su materia gestionale e commerciale.

Hruska, disarcionato da amministratore delegato dell'Alfa Sud, diventa consigliere tecnico dell'alta direzione e supervisore delle progettazioni e del prodotto, di cui fa parte, come direttore centrale del ramo sud, il figlio di Luraghi, Renzo.

Di personale, assente lungamente Pierani per malattia, si occupano, prima l'ing. Piantini ( un ottimo acquisto del presidente uscito, che -orrore organizzativo - da qualche tempo ha   due "cappelli", uno da responsabile delle produzioni e l'altro da responsabile del personale ) e, poi, un acquisto di Guani, il Dr. Caravaggi, che di personale conosce ben poco, mentre è molto versato, abile e introdotto nelle relazioni con i politici, specialmente dell'asse di sinistra.

Questa nuova direzione, anch'essa, subisce un altro accordo aziendale estorsivo, la cui "piattaforma rivendicativa" sindacale le ha rovesciato sul tavolo anche richieste esterne al rapporto di lavoro   legittimate solo dal rapporto di forza e dallo strapotere sindacale, sospinto dai ricatti e dalle intimidazioni dell'autonomia operaia e dal primo terrorismo (si è già verificato il primo "ammonitore" sequestro di Macchiarini della Siemens e quello di Mincuzzi dell'Alfa).

L'accordo dell'Aprile del '74 è un accordo punitivo sul piano della compatibilità dei costi (già nel '70 e nel '72 se ne erano avuti di pesanti, in cui, fra l'altro, era comparso un segno di buona volontà sindacale, poi nei fatti rapidamente rimangiato, vale a dire la saturazione delle linee a "catena" al 94%.) e introduce anche     "sotto l'alta guida di Caravaggi"..... , un prelievo annuale dello 0,6% del monte salari quale contribuzione sociale (trasporti, case, etc.).

Finisce qui la gestione Guani, quando l'organico di tutto il gruppo è di quasi 36.000 unità, la produzione di vetture intorno a 190-200.000 unità su una capacità di almeno 350.000 ) e il passivo di bilancio, che nell'anno precedente era stato di 13 M.di, passa a 55.

Ai politici è servito l'antipasto!

E arriva Gaetano Cortesi.

E' un alto dirigente dell'IRI che si intende di conti (ha passato la vita nell'ispettorato dell'Istituto) ed è un lombardo serio e tenace, che ha all'attivo - forse è stato scelto anche per questo - il risanamento della cantieristica dell'IRI, la ltalcantieriI FlNCANTlERl. Conoscenze dei problemi dell'auto, modeste e di seconda mano.

Bardini e di Nola sono stati estromessi ed inviati altrove, mentre Moro è stato confermato, con Lingiardi (da tempo capo delle produzioni nord al posto di Piantini, uscito a sua volta ) all'alta direzione delle due aziende; Lingiardi viene subito nominato responsabile dell'Alfa Sud, che Cortesi pensa di accorpare, facendo sparire negative duplicazioni.

Hruska rimane nella posizione precedente.

A parte il peso dell'accordo di cui sopra che il nuovo presidente si trova sulle ginocchia e lo stato dì conflittualità e di violenza, che nei suoi anni raggiungono punte drammatiche ( basta leggere alcuni oggettivi diari dell' "autonomia operaia" e consultare alcuni articoli del giornale interno comunista "lì Portello", per comprendere ), la sua opera mobilita l'azienda in uno slancio di ottimismo e di operosità ragguardevole: è con la sua presidenza che si conclude il museo voluto da Luraghi; si procede all'introduzione della motorizzazione Diesel;, si incrementa l'attività sportiva, raccogliendo notevoli successi (campionati mondiali prototipi, altre infinite corse su strada ); si entra nella poco fortunata attività di formula uno; si produce il modello "Nuova Giulietta", che si rivela ottimo e riscuote un buon successo; e si lancia il "Master Plan", un progetto di riorganizzazione globale, mediante il quale realizzare grandi economie organizzative, cercare di rompere l"'assedio politico" che si oppone al necessario accorpamento Sud-Nord e rimotivare i dipendenti verso i quali, finalmente, si incomincia a parlare di programmi di formazione (interessante, ad esempio, il programma per i dirigenti).

Questo panorama di iperattività, contempla inoltre l'attuazione di un decentramento della gestione del personale, da tempo propugnata da Pierani ( Direttore Centrale del Personale, ora promosso al ruolo prima di Caravaggi, migrato a più confacenti lidi in Finmeccancica ), il che avviene puntualmente, con la responsabilità conferita al sottoscritto, creando così un diretto contraltare organizzativo e negozialè della nuova struttura sindacale di fabbrica (Consiglio e delegati di gruppi omogenei). lì "gagliardo" presidente si dà da fare anche sul fronte politico interno, cercando di coinvolgere il P.C.l., che intuisce essere forza che può ricondurre la situazione a un certo ordine (ottimo lettore dei segnali, perché ciò avverrà - dopo anni di libere "cavalcate" di ogni fenomeno conflittuale - con il governo detto della non sfiducia, appunto della metà circa degli anni '70). Ne ricava comunque più fastidi che benefici, per se e per l'azienda.

Se la sua breve gestione (3 anni e mezzo ) è ricca di operose iniziative, non tutte riuscite, come il Master Plan, e può vantare la maggior produzione raggiunta nel dopoguerra dall'Alfa Romeo (1978 - 218.000 vetture ) purtroppo non per effetto di recuperi di efficienza, ma per immissioni di altro personale imposto dagli accordi sindacali pur in presenza di un livello di produttività infimo, è anche funestata da gravi colpi inferti dal terrorismo (ferimento di Bestonso - direttore delle meccaniche; di Grassini - dirigente delle carrozzerie grezze; di Segala -dirigente delle assunzioni operaie) e da una sfilza di impressionante di deficit di bilancio (1975: - 113 m.di; 1976: - 77 m.di ; 1977: - 170 m.di; 1978: - 134 m.di).

Dopo aver subito, anche lui, un accordo aziendale pesante (febbraio '78 - detto degli "esami di area" ), viene processato e condannato, con altri esponenti della società, per aver l'azienda infranto la norma dello statuto dei lavoratori che vieta informazioni politiche sul personale da assumere (uno dei tanti fatti, che, peraltro, provocherà la "gambizzazione" di Segala, originati da denunce fatte dall' interno ) alla metà del '78 si dimette; non senza aver ripetuto, come affermato pubblicamente per anni, che L'Alfa Romeo, se fosse all'estero, sarebbe un' azienda sana e con un avvenire, e non senza aver più volte provocatoriamente espresso - come presidente- l'utopistico desiderio di poter trasportare la fabbrica in Svizzera con un elicottero"(!).

Questo il punto in cui si era giunti a causa degli orrori di quei tempi!

Arriva Massacesi

E' un personaggio politicamente noto, in quanto, da sempre, fedele democristiano (è stato anche segretario politico a Milano ), militante e ideologo, come Glisenti, della buona CISL di un tempo, studioso di sociologia, di organizzazione, di sindacalismo nelle Partecipazioni Statali.

Ha avuto incarichi di prestigio a servizio dello Stato (es. ICE, Finsider, Finmeccanica, etc. ) ed è, dal 76, Presidente dell'INTERSIND, come successore dell'Avv, Boyer, promosso alla direzione generale dell'IRI.

Nessuna esperienza sul piano della responsabilità di un'azienda industriale e men che meno nel campo automobilistico.

La scelta, che si disse dovuta alle pressioni di Vittorino Colombo ( storico democristiano per bene dell'ambiente milanese ), forse fu giustificata intanto con la sua competenza strategica in organizzazione e governo del personale e, poi, con il suo prestigio e la connessa introduzione negli ambienti politici e sindacali direttivi, ovviamente dovuta anche al suo ruolo di presidente dell'associazione delle aziende a P.S.

Certamente uomo di grande intelligenza, cattolico coscienzioso e scrupoloso, giornalista dotato di coraggio e di lucida vena polemica e trascinatore - in quei difficili tempi - di manifestazioni culturali volte a recuperare l'importanza e la centralità dell'impresa nell'economia di un paese.

Quindi Massacesi, visto che il più grave e drammatico problema per l'azienda è la situazione socio-sindacale, è considerato non a torto I'uomo adatto a ''inventare'' qualche soluzione, anche organizzativa, per "sciogliere i nodi".

E difatti, come vedremo, inventerà; con poca fortuna, ma inventerà.

Arriva con una dote di 250 miliardi per rianimare il drammatico bilancio ed anche con un.... imponibile di manodopera" (400 operai della disciolta Unidal - i "panettoni di stato"--da assumere e, soprattutto mettere a lavorare in un ambiente dal punto di vista dell'efficienza veramente depresso).

Primo problema, dopo il predetto, è il lancio dell' "Alfa 6", un 'ammiraglia che è progettata da tempo immemorabile (quindi fonte di costi per il continuo aggiornamento ) e anche coperta da investimenti irreversibili di circa 40 m.di. Non si è mai lanciata per i timori e le titubanze di un azionista indeciso e di una direzione incerta.

Decide per il lancio - che in complesso non riscuoterà molto successo per via dell'invecchiamento (era successo anche in passato con la splendida "Montreal" ) del modello - il quale, comunque porterà alla luce uno magnifico motore a 6 cilindri, ancora oggi in produzione ad Arese, per la FIAT.

Il vertice aziendale è completato da Innocenti ( provenienza Aeritalia ed ex S.G.S. ), brillante, sicuro di sé, padrone dei conti e pieno di fantasia, fino al punto da teorizzare convinto che vendere automobili è come "vendere cioccolatini" (e, in parte - solo in parte! - è vero) e dal solido Lingiardi, uomo di esperienza, di prudenza e garante di continuità.

Affiorano subito tre indirizzi strategici : cancellare il "Master Plan", mastodonte ingovernabile richiedente tempi lunghi e, in parte, economicamente irrealizzabile; accorpare l'Alfa Sud in una società Alfa Romeo Auto (il che consentirà anche la rivalutazione di molti cespiti aziendali e, quindi, un certo "maquillage" di bilancio); dar luogo ad uno studio organizzativo per accertare le possibilità di una trasformazione organizzativa delle produzioni, visto che non vi è spazio economico per una trasformazione tecnologica (quella che, invece, potrà fare la FIAT); cambiare la politica - e gli uomini - del Personale e dell'Organizzazione; cercare alleanze industriali e commerciali per capacità installata (ricordo che è valutata almeno 350.000 vetture); creare una struttura di funzioni azienda accentuatamente "market oriented".

Tutto avviene puntualmente, a cominciare da (per imposizione politica) un'opzione che lascia tutto immutato.

Immaginare le opposizioni e le battaglie denigratorie e distruttive ( pilotate da chi? Ma dalla FIAT, che legittimamente si difende ) contro l'Alfa, per quella scelta che prevede una Joint venture produttiva con la Nisssan giapponese!

Punto essenziale della strategia, per quanto riguarda l'assetto interno, è un recupero di efficienza consistente (rispetto alle fabbriche estere, siamo sotto di circa il 40% e, rispetto alla stessa FIAT, che ha gli stessi nostri problemi, di circa il 20%).

E Massacesi ( certamente d'accordo con i vertici romani, che cominciano a capire che la base,con il suo comportamento antiaziendale, sta portando alla rovina l'economia del Paese ) presenta al sindacato un piano interventi organizzativi ( P.l.O.).

Il rituale prevede una ripulsa sdegnata (si deve pur dare soddisfazione alla base ... ), nel senso che il piano è rispedito al mittente, con la precisazione che le "piattaforme rivendicative" sono presentate dal sindacato e non dalle aziende e che, per ragionare di organizzazione e operare eventuali trasformazioni, vi è uno strumento concordato nell' accordo del Febbraio '78, vale a dire "gli esami di area" ( la più defatigante e conflittuale soluzione che un'azienda potesse offrire ai lavoratori in lotta permanente).

Ma giunge a breve la "piattaforma" per il rinnovo del contratto aziendale, che, dopo circa sei mesi di lotte interne alle varie anime del sindacato, che mobilitano la stampa, stupita di tanta smentita alla sempre sbandierata unità sindacale (evidentemente era unità per distruggere, ma non per negoziare con serietà ! ) di fatto ripete il P.l.O.

La negoziazione, che pur impegna, per sei mesi, le parti, tra ritardi dovuti al "protocollo"delle Partecipazioni Statali, che prevede il massimo rispetto per il sindacato, che fa i propri comodi, e i rituali e le sceneggiate, necessari per convincere la base che si "lotta", si conclude senza scioperi (due soli gesti simbolici ) e con molto entusiasmo.

Ed è l'accordo del 4I3I'81, rimasto storico per l'introduzione dei "Gruppi di produzione", vale a dire di una nuova formula di organizzazione del lavoro operaio, che accorpa compiti e responsabilità e promuove un risparmio di addetti, il cui risultato dovrebbe essere dell'ordine medio del 35%.

Questo accordo contiene un equivoco che, di fatto, impedirà la completa e permanente realizzazione del piano di recupero di efficienza. E' un equivoco non casuale, bensì voluto dai vertici sindacali, per ottenere dalla base, male abituata e sobillata da forze autonome nonché dalla Fim di Milano, a rifiutare sacrifici.

Esso consiste in una ambiguità che permette la doppia lettura delle pattuizioni (che, fra l'altro comprendono l'impegno della cadenza produttiva fissa - al Nord 620 vetture/giorno con il ricarico di organico a compenso dell'assenteismo, di ben il 12%. ), nel senso che, mentre la reale e corretta interpretazione è quella di accordo di produttività, il sindacato lo presenta alla base come accordo di occupazione.

L'euforia iniziale è comunque grande, perché si dice che l'Alfa e Massacesi hanno dettato un modello alternativo a quello della FIAT che ha fatto la sua pulizia interna, ha riportato ordine ed efficienza nelle sue officine e viaggia verso il bilancio in positivo).

Questa illusione viene sintetizzata da un   bel  libro scritto  da Medusa - responsabile supremo del Personale dell'Alfa - il cui primo capitolo ha il titolo "dimenticare Torino"

La conseguenza è che l'azienda, che per l'operazione va incontro a notevoli costi di trasformazione organizzativa, di formazione e di miglioramenti salariali, praticamente a tutti gli operai, ove fosse costretta ad abbassare la produzione, dovrebbe mantenere la forza concordata, essendo l'organico - secondo il sindacato - considerato variabile indipendente (sono anche questi i guasti di 10 anni di orge dissennate).

Comunque lì tentativo di instaurare un clima di recupero di rapporti più corretti  non  piace né al terrorismo (già frustrato dai governi della "non sfiducia" e lanciato in una serie impressionante di colpi di coda) né agli autonomi dell'Alfa e le conseguenze si vedono subito, prima con il ferimento - in azienda ! - del dirigente delle verniciature, Pietro dell'Era, e, poi, con il sequestro (e "processo proletario" ) dell'Ing. Renzo Sandrucci, direttore dell'organizzazione del lavoro operaio e inventore dei "gruppi di produzione ", che resta segregato per 53 giorni.

Sono questi anche i terribili tempi del povero Taliercio, di Cirillo e di Peci.

Pur procedendo - fra indicibili opposizioni esterne e sotto il tiro di una irriducibile campagna stampa negativa - l'accordo con la Nissan e altre misure, come l'assunzione di forze direttive fresche (molte delle quali completamente sbagliate ! ) la situazione peggiora e l'equivoco non tiene affatto, rivelandosi viceversa una realtà, che, per quello che l'Alfa Romeo da al mercato - modelli buoni, ma invecchiati e prezzi non competitivi - due stabilimenti sono troppi; vi è un'eccedenza strutturale di circa 14.000 unità.

Intanto all'IRI è arrivato Prodi, come nuovo presidente. Si rivelerà un monumento di ambiguità politica e un risanatore al negativo, che, soprattutto, si accanirà sull'Alfa, giudicandola non strategica e, quindi da vendere, per farne - in realtà - il primo trofeo personale di quelle privatizzazioni dissennate nelle quali si imbarcherà il nostro governo (opportuno leggere Massimo Pini per avere, da fonte direttamente a conoscenza difatti e misfatti, dettagliate notizie sull'opera di questo soggetto).

Mentre i gruppi non decollano e i conti peggiorano, si apre una nuova e più difficile trattativa per chiedere lo stato di crisi aziendale ed ottenere la cassa integrazione straordinaria.

La negoziazione dura, anche in questo caso, circa 6 mesi, ma il clima non è più idilliaco, anche se compare la paura a mitigare il conflitto nelle fabbriche.

E si conclude con un altro equivoco, dovuto, al solito, alla necessità dei vertici sindacali di non far comparire - pena il rifiuto dell'accordo e la perdita di tessere - la realtà; vale a dire il carattere strutturale delle eccedenze che, di conseguenza, viene oscurato con la pattuizione del rientro dei soggetti posti in cassa a zero ore.

Complessivamente sono circa 6.000 - la cui metà al Nord - le eccedenze che vengono poste in cassa integrazione a zero ore, restando la necessaria differenza da risolvere con sospensioni periodiche, anch'esse recepite nell'accordo.

Giacché il sindacato ha preteso che questo accordo fosse presentato come seguito logico e integrante di quello dell'anno prima (la conferma del primo equivoco ), si è motivata con la necessità di presenza al lavoro richiesta dai "gruppi di produzione", l'esigenza di collocare in cassa a zero ore i soggetti connotati da "assenteismo anomalo ricorrente" . Ne è derivato  che le liste si sono riempite di malati e anche di sindacalisti (quelli inquadrati solo nominalmente nei gruppi e sempre in "tutt'altre faccende affaccendati").

Fra i tanti dolori dell'azienda, si deve contare, nell'82, anche il ferimento del Capo dello stampaggio lamiere, Valenzasca, che avviene (e due !) all'interno della fabbrica. Come per tutti gli altri casi, che non si riducono ai ferimenti, imponente e chiaramente espressa la condanna e, per quanto possibile, la vigilanza dei partiti e dei sindacati, in particolare della C.G.I.L. ,del P.C.I. e del P.S.I.

La cassa integrazione a zero ore determina notevoli e tristissimi drammi personali ed anche famigliari; si accendono disordini aziendali e si costituisce un comitato cassintegrati, supportato da "soccorso rosso" che, di fatto. è spalleggiato da alcuni pretori dell'ambiente milanese, sempre pronti a giudicare a sfavore dell'azienda e che - mai censurati -si permettono in qualche caso di stravolgere il codice di procedura, perfino trasformando in giudizio di appello un provvedimento d'urgenza, promosso, sullo stesso caso, dopo pochi giorni del rigetto, e riammesso, con decisione diametralmente opposta.

I cassintegrati vengono reintegrati in fabbrica a centinaia e l'azienda è costretta a fare il "dentro/fuori", creando così la dissoluzione totale di ogni senso di appartenenza : l'azienda, contrariamente alle lontane preoccupazioni di Romeo, che la voleva sempre "madre" dei suoi operai, è costretta così a diventare un'odiata "matrigna".

Il sindacato - esclusa la FIM di Milano - e il P.C. I. oltre ai socialisti e ad altri partiti moderati, disapprovano l'ingerenza della magistratura nelle faccende negoziali e, ovunque, si svolgono dibattiti e tavole rotonde, sia sul merito delle ordinanze - che, nel tempo, saranno tutte riformate in appello - sia sulla legittimità di.. questa ingerenza

L'azienda, per cercare di attenuare il disagio del "dentro/fuori", richiama lavori dall'esterno e, trovati dei capannoni puntualmente attrezzati e confortevoli, vi installa delle officine ove sistema una parte dei reintegrati ed evita così di esasperare la situazione; ma le masse degli agitatori ( alcuni sono ancora oggi in servizio e si distinguono per la virulenza del loro antagonismo ) dell'unità satellite di Mazzo ( uno di questi reparti decentrati ) colgono anche quest'occasione per fondarvi pretesti di ulteriori azioni giudiziarie e amministrative, che, oltre tutto, si qualificano per l'azienda come cospicue fonti di spese (leggi denaro pubblico buttato al vento).

Escono intanto, nell' '83, la "33",vettura che sostituisce l'Alfa Sud, e l'Arna (il risultato della collaborazione con la Nissan ); nell'84, "l'Alfa 90"e, nell' 85, la "75".

L'Arna e la "90" non risulteranno un affare, la prima per carenze intrinseche al progetto antiquato e lontano dal gusto latino, la "90" ( ottima evoluzione della gloriosa Alfetta  ), per una dissennata decisione di farne un "lancio a rischio" per uscire prima sul mercato.

L'Alfa Romeo è comunque in ginocchio. Le vendite non decollano, l'efficienza aziendale, sempre contrastata dal sindacato locale e dalla base, non si recupera; inoltre, una volta che l'azienda ha dovuto negare o ritardare alcuni pattuiti rientri dalla cassa, sono giunte anche le cause promosse dal sindacato (a rigore formale, dato l'equivoco", doverose).

L'acqua è giunta così alta alla gola che si deve decidere di abbassare il punto di pareggio, riducendo la produzione a livello dell'assorbimento del mercato, con la conseguente cancellazione di un turno di lavoro; cresce così ulteriormente, il numero dei sospesi a zero ore fino a circa

6.000.

Innocenti abbandona, passando all'Enichem.

Massacesi, già da tempo non più presidente dell'INTERSIND, è travolto anche da difficoltà all'interno, dove nessuno più decide niente, oltre che stretto alle corde dall'IRI e dalla Finmeccanica; lì suo impegno è senza risparmio, eroico, ma non sortisce ormai alcun effetto, anzi, in alcuni casi, complica le cose, come nella circostanza della perdita di Surace, il Direttore delle ricerca e della progettazione, e come nella decisione, che vuoi essere "shok", di un autentico stravolgimento dei ruoli e delle responsabilità.

Tutto inutile .... e Prodi, da tempo in agguato, manda il suo amico Giuseppe Tramontana, ex Montedison, affiancato da due direttori generali, Micheletta, proveniente da Finmeccanica e Alzati ex FIAT (di ex Fiat negli ultimi anni ne sono venuti diversi; chissà perchè (?!!).

E' la fine del 1985.

Massacesi è esautorato, i rapporti col sindacato in apparenza si addolciscono; non vi è piano strategico anni '90 e si elabora un piano industriale di basso profilo, che faccia apparire l'azienda appetibile per la vendita o per qualche joint venture; si "macellano" circa 100 dirigenti

114 della forza ); si riaccorpa la società, tagliando rami inutili; si continuano ad offrire incentivi all'uscita a tutti e si va per il mondo in cerca di acquirenti e/o di alleati.

A febbraio deIl '86, si presentano a tenere una riunione ai dirigenti dall'Alfa  Prodi, Viezzoli e Fabiani ( questi ultimi presidente e amministratore delegato della FINMECCANICA).

Prodi afferma solennemente che la barca è raddrizzata; che, ora, fatte le dure battaglie, bisogna intensificare l'impegno per giungere al possibile pareggio; che l'azionista e lui in persona - che si ritiene impegnato con la "sua faccia" - faranno il proprio dovere anche con i necessari finanziamenti.

Non succede nulla, salvo che si presenta la Ford per un lungo esame dell'azienda ai fini dell'acquisto.

Il lavoro dura un mese circa e poi non si sa più nulla, salvo che in un'udienza parlamentare Gianni e Umberto Agnelli hanno declinato interesse per l'Alfa Romeo, escludendo il marchio giudicato viceversa molto appetibile.

Siamo a Luglio del 1986.

Ai primi di Novembre, dopo una gazzarra mediatica, che, gradualmente fa intendere che i giochi si fanno favorevoli alla FIAT, il Ministero delle Partecipazioni Statali (Ministro Darida ); il CIPI (presidente Romita ), FINMECCANICA, IRI e il Consiglio di amministrazione dell'Alfa Romeo decidono la vendita alla FIAT alle seguenti condizioni:

Vendita di tutto (insediamenti, attività, aziende partecipate, etc.etc. ) e passaggio a una nuova Società a responsabilità limitata; Alfa Lancia -dal 10 Gennaio 1987. Il mantenimento di tutti e una politica produttiva supportata da 5.000 miliardi di investimenti e orientata a produrre, a regime, 600.000 vetture/anno di alto prestigio. Ottimizzazione dell' efficienza dell'Alfa (!) essendo Lancia e Autobianchi, le altre componenti conferite, a posto.

Prezzo £ 1.050 m.di, da pagare in cinque rate annuali costanti senza interessi, a partire dalla fine del 1992 (I!!). Non solo si parlerà, in ambienti accreditati, di notevole sottovalutazione, ma la Società Cooper and Lyrand, nel certificare l'ultimo bilancio dell'Alfa Romeo, annoterà trattarsi di un valore attuale di 525 m.di.

Prodi, come gli rimprovera Pini, nella vendita dell'Alfa, come in altre (e per fortuna non in quella della SME, solo perché, strappatagli dalle mani da Craxi ) si è confermato, nei confronti del Paese, pessimo amministratore del patrimonio dello Stato e, presso la gente dell'Alfa, "uomo senza faccia "e commediante degno dei suoi padrini politici. Da dimenticare!

Per la cronaca e, in fase di triste conclusione, è il caso di ricordare che:

L'Alfa, nel 1986, ha prodotto solo 168.000 vetture, mentre la sua penetrazione totale sul mercato ha raggiunto circa il 5%, contro l' 8% circa di qualche anno fa, quando era anche connotata da entusiasmo da parte dei suoi clienti.

Il deficit di bilancio, nell'85, è stato di 245 m.di e, nell'86, di 55.

La FIAT, per bocca di Gianni Agnelli, ha detto: .... "ci siamo annessi una provincia debole"   ; per bocca di Romiti, che discuteva con un giornalista dell'ottimo motore boxer della "33" : .... "io di boxer conosco solo un cane   

La conquista e il dileggio.

Da allora a oggi

In breve:

- va anzitutto ricordato che - di fatto - l'acquisto dell'Alfa Romeo, per la FIAT non è stato frutto di una strategia, quindi è stato al massimo un acquisto anomalo per assorbire un concorrente sempre pericoloso (non avevano detto i celebri fratelli che solo il marchio era degno di interesse?).

- Poi va aggiunto - nell'interrogarsi sulla fine dello stabilimento di Arese

- che la FIAT poteva non sapere degli scempi sociosindacali consumati in questo triste "laboratorio sociale" ? E se sapeva - eccome sapeva!  -poteva non concepirne la cancellazione?

Allora, nel lamentare questo triste evento, prima di enfatizzare le colpe della FIAT, che certamente vi sono, si guardi al passato e si troveranno cospicue radici di questo epilogo, a lungo seminato e puntualmente raccolto.

- Entrando un po' di più nelle pieghe delle vicende intercorse dall'87 ad oggi, non si può dire che non vi fossero chiari segnali di quanto sarebbe puntualmente accaduto. Infatti, se si esclude l'ottimo accordo del Maggio '87, i cui contenuti appaiono convincenti e consistenti, tutto quanto avviene dopo è un continuo concordare (parlo di accordi sindacali con tutti i crismi).... a "perdere". E chi sottoscrive gli accordi, senza alcuna drammatizzazione, al tempo in cui le drammatizzazioni forse avrebbero potuto avere un seguito reale? Anche chi drammatizza solo oggi, quando, ... "scappati i buoi"... tutto è forse irreversibile e perduto, ci aggrappa all'utopia ( come la storia non insegna nulla a certe menti !) del restauro dell'intervento pubblico. Per ripetere gli sconci del passato, finanziati con denaro dei contribuenti?

- Quindi, su Arese nessun interesse strategico della FIAT e massima diffidenza sul piano sociale, peraltro ampiamente giustificata dalle prese di posizione e dai tentativi di restaurazione del disordine - e delle cause giudiziarie ! - già contro l'accordo del Maggio '87, che viceversa andava considerato, date le circostanze, una valida opportunità per dimostrare che Arese poteva essere cambiata, facendo così virare a suo favore la strategia della FIAT. Invece cortei, scioperi, accuse di sfruttamento operaio e cieca strumentaIizzazione di alcuni gravi errori dell'azienda (ad avviso del sottoscritto, più che dell'azienda di alcuni suoi uomini sciocchi ), come nel caso, forse emblematico, di Molinaro, tentato da qualche zelante cretino della FIAT a ripudiare, per la carriera, il P.C.l. e la militanza sindacale.

- Infine, due i punti di rilievo in questo deprimente - e colpevole -panorama del dopo:

  • la costituzione del Consorzio per la reindustrializzazione dell'area Alfa,che di fatto nulla ha concluso, dando semmai conferma che il sito, per il disinteresse - o il superficiale impegno - dei comuni interessati veniva di fatto abbandonato al suo destino

  • il recente accordo siglato alla Regione Lombardia, titolato" Linee guida per lo sviluppo dell'area di Arese", fra le cui parti stipulanti manca la FlAT presente solo con una lettera il cui tenore, ad avviso del sottoscritto, suona così : pronti a collaborare, senza oneri economici, e non al di fuori della nostra strategia così come recepita nell'accordo del Giugno 2002 e, successivamente, nell'accordo col Governo per ottenere la dichiarazione dello stato di crisi.

Di questo importante ma "deperibile" accordo il merito va al Sindaco di Arese e agli altri, sindaci e politici vari, che egli è riuscito ad aggregare - finalmente I - in un fronte di sostegno che ha anche prodotto un certo finanziamento iniziale delle iniziative che possono derivare dall'accordo suddetto.

Ma bisogna agire subito evitando di cadere negli errori (o volute omissioni ) del CRAA, creando una società che studi una strategia di ricerca, di acquisizione di know how, di prodotto ( potrebbe essere ancora il veicolo a basso impatto aziendale ) e di mercato.

Una società a connotazione privatistica, che liberi la FIAT dalle responsabilità su Arese, previa cessione, a compenso, di competenze, di mezzi e di know how, nonchè con la stipula di contratti di fornitura. Tale società nulla abbia a che fare con influenze pubbliche se non sotto forma di investimenti azionari non condizionanti la cessione. Questo - ancorché terribilmente difficile e non privo di rischio di insuccesso - va fatto subito, altrimenti prevarranno i rituali politico/sindacali, buoni solo a far trascorre il tempo, sprecando denaro pubblico, ed a manipolare la gente con la loro genetica incapacità di risolvere i problemi.

In conclusione, si devono fare gli auguri più sentiti per un'ulteriore rinascita e, soprattutto, visto che gli eventi sono determinati dagli uomini - e la storia dell'Alfa Romeo lo dimostra - perché si trovi un uomo che di questa rinascita possa essere il protagonista.

E' il tempo di uomini così fatti?

 

N.B.

Questo testo è stato ricostruito a posteriori avendo il sottoscritto sviluppato la conferenza parlando "a braccio" con la sola guida dei lucidi preparati per orientare l'uditorio.

 

Italo rosa