Nel '48 l'IRI mette ordine anche nelle sue partecipazione meccaniche e crea una specifica finanziaria - FINMECCANICA - della quale fa parte I'Alfa Romeo. Direttore Generale - e poi anche Vice Presidente dell'Alfa – è Luraghi, un grande manager di scuola Pirelli, dotato di una profonda cultura umanistica e di una personalità veramente superiore.

E' Luraghi che, cogliendo i segnali di un felice avvenire italiano per l'auto e, sfruttando gli aiuti americani ERP per la ricostruzione industriale, dimostra che è interesse del Paese salvare l'Alfa Romeo e finanziarne lo sviluppo.

L'uomo incaricato di gestire questa fase, come direttore generale è un figlio dell'oltrepò pavese, Franco Quaroni, il quale, creata una nuova struttura di responsabilità, in cui brilla la scelta di Orazio Satta Puliga, quale direttore delle progettazioni, avvia l'avventura del nuovo corso, che si presenta con una vettura splendida, mai dimenticata dal mercato,

Luraghi

la "1900", che sarà prodotta con modalità pur sempre artigianali di alta qualità, ma con criteri più industriali rispetto al passato, tanto che le ore di produzione per vettura dalle 1300 passano alle 600!

E' chiaro che, mentre l'azienda si solleva anche per effetto di queste economie, le reazioni della forza operaia, cavalcate dalla sinistra

- egemone anche nel risorto sindacato ( FIOM-CGIL) - e rappresentate dalla Commissione Interna di stretta osservanza, aumentano e si ricomincia ad accusare la direzione di sfruttamento operaio; questa volta con toni e azioni che al tempo di Gobbato non erano consentiti.

E per l'Alfa Romeo incomincia progressivamente un'altra ... "guerra

che l'accompagnerà, con toni ed eventi sempre più drammatici e distruttivi, fino alla vendita alla FIAT e anche dopo: la conflittualità permanente.

Nonostante questa tara mortale, l'Alfa viaggia sia con i più brillanti successi sportivi ( es. due campionati del mondo di formula, con la 158/159, con Farina e Fangio - anni '50 e '51-) sia con i suoi programmi, nel senso che si progetta la Giulietta, la quale vedrà la luce dal '54 al '55

in diverse versioni, delle quali celebri e bellissime, sono lo spyder Farina, il coupè Bertone ( Giulietta sprint).

 Luraghi - che lascerà la FINMECCANICA, nel '56, per una esperienza storica, vale a dire il salvataggio e lo sviluppo, in meno di 5 anni, della Lanerossi, già morta e sepolta - lascia due importanti semi, che riprenderà con vigore al suo rientro (1962 ): l'idea “progetto” di un decentramento dello stabilimento del Portello, come d'altra parte vuole il Piano Regolatore postbellico del Comune di Milano e la progettazione di una vettura "europea" di estetica avveniristica, da produrre in serie, mantenendo le peculiarità di prestigio della casa.

Sperimenta, fra l'altro anche la delusione di essere prima interpellato da Valletta per una Joint venture con la FIAT per salvare la Lancia (l'Alfa-Lancia sarebbe potuta nascere 30 anni prima e con altre prospettive) e poi "snobbato" dalla "grande famiglia" torinese, evidentemente gelosa della "gestione" del capoluogo piemontese (altro incrocio.....)

La politica di prodotto dell'Alfa si delinea con Milano dedicata totalmente alle vetture e quel che resta di Pomigliano da impegnare sulla produzione di autocarri, di commesse di componenti (vi sarà un prolungato contratto con la Renault) e revisioni di motori avio. L'insediamento del sud assumerà nel tempo una certa autonomia e si chiamerà Alfa Romeo Apomi.

Intanto lascia Gallo che viene sostituito da Balduccio Bardocci, proveniente dalla cantieristica IRI, e, nel '57, si prende la decisione di avviare il concorso per il progetto e le ricerche del sito; poi, nel '59' di avviare l'opera del nuovo stabilimento.

Lavora prima l'Italstrade e individua il sito Valera, ove sono disponibili 2.000.000 di mq. al prezzo di £ 750/mq. Poi uno studio inglese per un progetto di tipo Mirafiori - Billancourt, che prevede un ciclo tecnologicamente integrato (vi sono anche fonderie e fucine) a cascata.

Purtroppo questa soluzione, nel giro di pochi anni, con i disordini, il conflitto sindacale abnorme e con il terrorismo, si rivelerà "un mostro" socialmente ingovernabile.

In questi frangenti, l'on. Meda, Vice Sindaco di Milano e Vice Presidente dell'Alfa, si impegna con molta passione per impedire - o limitare a distanza ragionevole - il movimento, sostenendo correttamente che un patrimonio autenticamente milanese andava mantenuto nel territorio del Comune.

Il terreno viene acquisito, i comuni interessati resi partecipi con vari favori fatti ai loro politici dominanti e si deve anche accontentare qualche piccolo proprietario che specula sulla vendita della propria particola di terreno (ad esempio: dovrà barattare un'assunzione con un acro, più o meno, di terreno), ma finalmente i lavori titanici di spianamento livellamento, creazione di infrastrutture (….uno stradone di collegamento con la varesina e un raccordo ferroviario con le Nord di Garbagnate, etc. etc. ) iniziano.

Sono due milioni di mq. sui quali sorgeranno progressivamente stabilimento (le meccaniche arriveranno per ultime, nella metà degli anni '70) e centro direzionale, con ogni servizio necessario.

Giulia

 

Hruska Rodolfo

Intanto la "Giulia", nel '62, inizia la produzione al Portello, dove si ricevono, provenienti da Arese, le parti sciolte della carrozzeria in cui il primo grande reparto - lo stampaggio lamiere - e entrato in funzione sotto la direzione dell'lng. Venturino, un ottimo acquisto proveniente dagli Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli.

E' doveroso ricordare qualche protagonista di questa grande opera. Oltre a Luraghi, grande ispiratore e degno condottiero, mi vengono poi in mente Quaroni, Hruska, Mangano, di NoIa e Bardini, esponenti della direzione generale; gli impiantisti Boselli, Manzini, Vernizzi, La Face; il responsabile della industrializzazionei produzione, Ponte di Pino, e il coordinatore di tutti i lavori del nuovo stabilimento, Lingiardi, un acquisto proveniente dalla Motomeccanica, prima assorbita dall'Alfa e poi alienata.

Intanto, siamo agli inizi degli anni '60, Quaroni ha lasciato, sostituito da Mangano, il quale resterà pochissimo tempo all'Alfa, forse perché, volendo accelerare il processo di trasformazione e di razionalizzazione dell'azienda in grande fabbrica di produzione di serie, sbaglia la misura di certe innovazioni organizzative, non tenendo affatto conto della situazione socio-sindacal-politica.

Agli inizi degli anni '60 si perde anche Hruska, che ritornerà poi come amministratore delegato e fondatore dell'Alfa Sud.