Mussolini questa volta si interessa espressamente e direttamente della questione e convoca una riunione di saggi, esperti e potenti - sia pubblici che privati - (ne fanno parte Agnelli, Pirelli, Caproni, etc. ) per esaminare il caso di un'azienda che fabbrica sì automobili, ma produce anche motori avio - necessari allo sviluppo della aeronautica italiana e autocarri, che necessitano al progresso della meccanizzazione delle nostre Forze Armate.

Il responso è positivo e frutta una decisione di alto rilievo per le fortune dell'Alfa : viene individuato il nuovo vertice neII'Ing. Ugo Gobbato, con un presidente solo formale, che è Emanuele Tigona. E, per l'Alfa incomincia un'altra vita, fatta di successi, di sviluppo, ma anche di organizzazione  dell'assetto  industriale,  il  che  procura  molte insoddisfazioni e scontentezze, incrinando quel fronte di tolleranza paternalistica difeso da Romeo in nome della tutela del forte attaccamento dei suoi operai all'azienda.

In breve, Gobbato estrapola le progettazioni auto e avio dalla produzione conferendo loro un ruolo autonomo e trainante rispetto all'industrializzazione - che comincia ad assumere connotazioni di serie sia pur piccolissima nelle necessarie standardizzazioni di processo, di componenti, etc - e alla produzione; crea un settore commerciale definito; introduce un sistema di rilevazione e di controllo dei costi, specialmente industriali; e, soprattutto, impone l'adozione di una standardizzazione della  prestazione operaia e della relativa metrica (insomma la prestazione non è più lasciata alla discrezione degli operai, ma prefissata e controllata nei suoi parametri).

Ciò non deve meravigliare, se si pensa  che Gobbato - uomo FIAT -(ecco un altro incrocio I) si è

occupato del nuovissimo "Lingotto", è in relazioni professionali con la Bedeaux, azienda francese specializzata in organizzazione della produzione industriale -  detta, nella Torino operaia, "nome infame", e, in ambiente internazionale5 gode di un immenso prestigio, tanto che, in URSS ha costruito per quel governo uno stabilimento completo ( perfino di scuola aziendale ) per la produzione dei cuscinetti a sfere.

Gobbato, fra le tante cose importanti che opera, divide anche la produzione auto da quella avio, per la quale - in attesa che sia pronto un nuovo stabilimento specifico a Pomigliano d'Arco - fa costruire due nuovi edifici in zona nord, e organizza una scuola aziendale, che, fino agli anni '70 ( epoca della centralizzazione in IRI della formazione ), resterà un fiore all'occhiello dell'azienda, in cui saranno allevate molte generazioni di operai, tecnici, laureati, quadri e dirigenti (   anche il sottoscritto, per sua fortuna).

La guerra sconvolge tutti i piani, nel senso che la fabbrica viene militarizzata ( da un certo punto vi si installeranno i tedeschi ), la produzione vetture è posta in notevole ombra, pur essendo costituita da vetture di prim'ordine ( es. la "2500 freccia d'oro" ) e, per concludere, i bombardamenti distruggono sia Pomigliano, sia buona parte del Portello.

Il 25 Aprile porta innanzi tutto l'assassinio politico di Gobbato, ovviamente rimasto impunito, e, poi, tante vendette ed epurazioni, seguite, in qualche caso, da nomine di dirigenti e capi per acclamazione "popolare".

Quel che resta della fabbrica è nelle mani del Comitato di Liberazione, delle forze politiche di sinistra e, in ultima analisi, degli operai guidati da essi. Febbrile e altamente meritorio è il tentativo di ricostruzione e dì produrre quel che si può: cucine a gas, serramenti in alluminio, respingenti ferroviari, etc. I dipendenti lavorano o senza paga o a paga ridotta, ma si impegnano duramente, anche perchè le guide politiche assicurano che la fabbrica , nel nuovo corso, sarà degli operai (nulla di eccezionale, se si pensa ad esempio alla estromissione di Agnelli dalla sua fabbrica avvenuta nella stessa epoca).

L'IRI non sa che fare, ma non chiude, anche per la suddetta situazione politica.

Su consiglio del CLN affida la presidenza della società a Pasquale Gallo repubblicano storico e reduce della guerra partigiana, gradito alla sinistra ormai egemone in fabbrica.

Le officine del Portello, anche per l'opera dei due direttori generali che Gallo ha confermato ( Magnaghi, per la gestione e Ferrero per la tecnica ) riprendono gradualmente vigore e, col materiale occultato ai

tedeschi, si ricomincia   la  produzione delle vetture dell'anteguerra (di motori avio, neanche parlare!), sempre belle, desiderate in ogni mercato, ma poche per sostenere un rilancio economico.

Insomma l'Alfa Romeo è per l'ennesima volta in crisi, che pare irreversibile. E' quasi certo che sarà la chiusura, come succede alla gloriosa Isotta Fraschini.